Come la crisi internazionale si lega alla transizione energetica
Continua il dibattito innescato dall'articolo di Paganetto, “Nulla sarà più come prima”. Pasquale L. Scandizzo si concentra sul faticoso adattamento dell’economia mondiale a una nuova serie di obiettivi sociali tra tensioni e conflitti.
di Pasquale Lucio Scandizzo, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata"
La crisi russo-ucraina è stata una infelice sorpresa in un mondo che si apprestava (ancora una volta) ad uscire da una crisi profonda (indotta dalla pandemia) con aspettative positive di ricostruzione e ripresa e nella prospettiva già difficile, ma apparentemente non ancora disperata, di far avanzare la transizione energetica.
Oltre a rendere questa prospettiva più ardua con la minaccia di una recessione globale, la guerra ha fatto esplodere il problema della “governance internazionale che non c’è” e dei conflitti nel campo dell’energia, diviso tra partnership disuguali tra Paesi produttori e consumatori e nuovi paradigmi di intervento statale e di partecipazione sociale.
La mancanza di governance internazionale si riflette nei conflitti di interesse che dividono i Paesi europei e gli Usa, e nel maggior valore che si attribuisce alla resilienza del sistema economico e produttivo e alle varie opzioni energetiche, oltre, anche in modo contraddittorio, alla ricerca di un maggiore grado di unità, partecipazione sociale e democrazia deliberativa tra i Paesi occidentali.
I possibili scenari di transizione sono in via di cambiamento e sono essi stessi soggetti ad incertezze profonde di breve e lungo termine. Nel caso del settore elettrico, per esempio, le architetture organizzative, le procedure e i regolamenti per la proprietà e il controllo sono sempre stati controversi con diversi accordi legali e di governance nei diversi paesi. Questa è in parte la conseguenza della natura del fabbisogno globale di energia di base e in parte il risultato dei cambiamenti storici che hanno plasmato l’industria nel corso del secolo scorso. Fin dal suo inizio e fino al 1990, i settori dell’elettricità in tutto il mondo erano in gran parte organizzati sulla base del principio del monopolio naturale, associato a un’idea generale dell’elettricità come forma di bene pubblico di base che non poteva essere mercificata senza mettere in pericolo un diritto fondamentale dei cittadini di uno stato.