Game changers e nuove politiche europee
Prosegue la discussione a distanza aperta da Paganetto. Leggiamo la riflessione di Maurizio Melani sugli effetti dei game changers e sul ritorno a un maggiore ruolo dei poteri pubblici nell’economia e a una crescita della spesa pubblica nazionale ed europea.
di Maurizio Melani, diplomatico e docente Link Campus University
Negli ultimi tre anni una serie di successivi e concatenati “game changers” ha sensibilmente mutato il contesto geopolitico e dell’economia globale nel quale l’Europa si trova ad operare, ponendo l’esigenza di un riadattamento delle politiche dell’Ue anche sul piano fiscale e dei suoi processi decisionali.
Dopo la crisi economico-finanziaria del 2008-2009 importata dagli Stati Uniti seguita da quella dei debiti sovrani di alcuni Paesi europei alla quale l’Ue ha risposto con una politica di austerità fiscale e poi di limitata espansione monetaria, vi sono stati lo shock della pandemia e contemporaneamente l’accresciuta consapevolezza di dover reagire rapidamente ai cambiamenti climatici con una azione tendente ad una radicale riduzione delle emissioni di carbonio. A queste sfide l’Unione Europea ha reagito con un salto di qualità soprattutto sul piano fiscale e delle regole sugli aiuti di stato. Il patto di stabilità è stato temporaneamente sospeso e con il New Generation EU è stato avviato un processo di indebitamento comune e di incremento, peraltro molto modesto, del bilancio dell’Unione con una prospettiva di rilancio dell’acquisizione di risorse proprie per finanziarlo e garantire il debito contratto.
Poi è intervenuta la guerra in Ucraina. I prezzi dell’energia saliti già prima dell’aggressione russa per uno squilibrio tra domanda e offerta a livello globale durante l’effimera ripresa dopo l’attenuazione della pandemia si sono ulteriormente impennati anche a causa di processi speculativi finora non adeguatamente contrastati.